Spero possa essere un'interessante lettura anche per educatori, insegnanti, operatori che utilizzano il linguaggio teatrale a scuola.
Tutto è iniziato così, con questa mail che Carlotta mi ha inviato:
02/07/2014
Gentile Signora Dentale,
sono una studentessa dell'Università Ca' Foscari di Venezia e sto per completare il mio percorso di studi con una tesi incentrata sull'educazione teatrale e i metodi che meglio possono agevolare il bambino nella ricezione dell'evento teatrale/laboratoriale; mi sto particolarmente concentrando sul gioco e sulla fiaba come mezzi di comunicazione per poi arrivare alla rappresentazione teatrale della fiaba.
Nelle mie ricerche ho scoperto il suo blog e lo trovo veramente illuminante: rispecchia appieno l'idea di teatro/gioco/racconto che vorrei esplorare nel mio percorso.
A tal proposito, per avere una più ampia e chiara comprensione dell'argomento, le sarei infinitamente grata se potesse darmi qualche indicazione sul suo metodo, su come nasce e si approccia ad un progetto che deve essere fruito da un pubblico infantile.
Sperando di ricevere una sua risposta porgo cordiali saluti.
Carlotta
Ho accolto la proposta di Carlotta con piacere; mi è capitato diverse volte di essere contattata da studentesse che preparavano la tesi con un argomento attinente alla pedagogia teatrale o al gioco del teatro. Questa volta ho però proposto a Carlotta di pubblicare parte di questa "intervista" sul blog teatroingioco così da mantenerne traccia e renderla un documento consultabile.
Di seguito le domande di Carlotta e le mie risposte.
Buona lettura!
Helga, come si è
avvicinata al mondo del teatro per l’infanzia?
E’ stato un incontro speciale
quello fra me e i bambini [...] Facevo già l’attrice di compagnia ed ero molto attratta dall’idea di portare il
teatro a scuola, come strumento di crescita e sperimentazione giocosa.
L’insegnamento è stato sempre una mia grande passione, così come il teatro. Da
bambina, alla classica domanda “che cosa vuoi fare da grande” rispondevo:
l’insegnante oppure l’attrice. Credo di aver realizzato i miei sogni nel
cassetto! Mi sono avvicinata al mondo del teatro per l’infanzia nel 99. Avevo
tante idee, passione, una formazione teatrale ma troppe lacune nel campo
pedagogico. Mi sono scontrata subito con i miei limiti e con un’idea di fare
teatro con i bambini, piuttosto radicata nelle scuole, che proprio non mi
piaceva. E così è iniziata la mia avventura: teatro e bambini, teatro e scuola,
teatro come strumento di relazione gioco e apprendimento, il metodo teatro in
gioco.
Quanto crede sia
importante educare i bambini alla teatralità?
Credo sia importante, addirittura
essenziale, educare i bambini alla bellezza, allo stupore, alla creatività,
alla libertà espressiva. Il teatro nella mia pedagogia è sempre
uno strumento, un linguaggio da esplorare e sperimentare, mai un fine, un
traguardo da raggiungere. È molto importante considerare la ricchezza e la
globalità del teatro, contenitore di segni e forme espressive. È questo aspetto
che mi interessa indagare con i bambini nei laboratori Teatro in Gioco.
Mi può parlare del
suo metodo Teatro in Gioco?
Teatro in Gioco è nato in primo
luogo dalla mia esigenza personale di far chiarezza e di strutturare un
vocabolario teatrale a misura di bambino. Dobbiamo tornare per un istante al
1999-2000 e alle mie prime esperienze a scuola con i bambini. Ingenuamente
credevo che il mio bagaglio formativo bastasse a far entrare la magia del
teatro a scuola e invece mancava proprio la magia! […] semplicemente non avevo gli strumenti operativi e
didattici per farlo. Ho subito capito che la figura dell’operatore teatrale non
si improvvisa ma si costruisce, arricchisce, si struttura attraverso lo studio,
la formazione e l’esperienza. E così, cominciando da una montagna di libri di
pedagogia e psicologia dello sviluppo, ho iniziato a chiarirmi le idee e a
scegliere, a cercare ispirazione, a studiare, a confrontarmi con metodi e
pensieri, dalla Montessori a Loris Malaguzzi, da Rodari a Munari, da Bruner a
Gardner, dagli studi sulla danza educativa alle arti visive, ho cercato terreno fertile dove costruire il
mio percorso. Hanno trovato nuovi significati le teorie di Stanislavskij e del
teatro dell’oppresso, la pedagogia di Lecoq e le ricerche di Grotowski.. tutto
poteva essere rivisto e modellato sulle esigenze dei bambini, sui loro tempi di
apprendimento, sulle loro potenzialità cognitive. Sono nati nuovi percorsi, ho
ideato e costruito attività, giochi teatrali ed espressivi strutturati a misura
di bambino ed è iniziata la storia del metodo Teatro in Gioco. [...] Tutto ciò avveniva negli anni 2001-2003..da allora è stato un viaggio in
continuo divenire; sperimentazione e contaminazione dei linguaggi sono state le
parole-chiave dell’intera ricerca. Sempre di più è emersa chiaramente
l’importanza del teatro come strumento pedagogico, in opposizione al
teatro-vetrina per formare piccoli attori.
Lei parla, nel suo
blog, di “gioco del teatro”. Cosa intende?
Il teatro è un grande gioco da
vivere con i bambini, come ogni gioco ha le sue regole, i suoi tempi, ci sono
ruoli da rispettare. E come ogni gioco che si rispetti è appassionante,
divertente, coinvolgente. Il bambino può accostarsi ad un percorso teatrale e
coglierne pienamente significato, senso, ricchezza solo attraverso un approccio
ludico e dinamico. Deve poter fare per capire, deve appassionarsi per fare;
deve poter sbagliare senza sentirsi giudicato e deve poter riprovare.
Esattamente ciò che avviene quando si gioca.
Secondo la sua
esperienza, quanto il bambino prende sul serio il gioco? Quanto è importante
per lui?
Conosciamo ormai tutti la valenza
educativa del gioco: giocare è lo strumento privilegiato per conoscere,
apprendere, costruire la propria identità.[...] Che senso avrebbe impostare un laboratorio teatrale per
bambini come uno spazio rigido e noioso, poco flessibile, affatto magico?
Significherebbe negare la natura stessa del teatro che nasce dal desiderio
profondo dell’uomo di esprimersi, di comunicare, relazionarsi con creatività e
fantasia. Significherebbe mettere al centro le aspettative dell’adulto
piuttosto che le necessità del bambino.
Quanto condividono,
secondo lei, teatro e narrazione, fiaba e testo teatrale?
Dov’è che uno finisce e inizia
l’altro? Fare teatro è narrare, raccontare, drammatizzare ed interpretare
storie. La narrazione è un’arte antica che si perde nella notte dei tempi: il
saggio, il narratore aveva il compito di raccontare storie a tutto il villaggio. [...] Narrazione,
teatro, fiaba e testo si fondono in un continuum espressivo. Nella mia idea di
teatro come globalità mi riesce sempre più difficile separare ed etichettare.
Credo che non esistano confini netti in queste forme creative, una forma si
nutre dell’altra, arricchendosi.
Avvicinare e far
conoscere ai più piccoli l’universo della fiaba può aiutarli ad accedere a
quello teatrale?
Tutti i bambini andrebbero
educati all’ascolto attivo, a partire dal nido, attraverso il racconto delle
fiabe.[...] Il bambino abituato ad ascoltare fiabe sarà sicuramente
più curioso e attratto dal linguaggio teatrale. Così come sarà potenzialmente
più attratto dai libri e dalla lettura. L’importante è che si scelgano fiabe
adeguate all’età e che il teatro proposto ai bambini, dai piccolissimi fino
alla scuola primaria, sia davvero pensato e creato per loro. C’è ancora chi si
ostina a portare i bambini a vedere spettacoli troppo complicati, lunghi, seri…
così sarà molto difficile creare il piacere per il teatro. Perché il teatro
deve essere un piacere, un arricchimento e non una forzatura o una semplice
abitudine. Anche qui è importante non dimenticarsi del gioco e
dell’apprendimento giocoso.
Cosa intende per fiabe
interattive? C’entra la drammatizzazione della stessa?
Le fiabe interattive sono
particolari fiabe che, per come vengono ideate e costruite, permettono al
bambino di diventare protagonista attivo della narrazione. Sono molto
interessanti ed utili con i bambini più piccoli, del nido e della scuola
dell’infanzia, perché in modo semplice e diretto creano una dimensione teatrale
fatta di narrazione e gioco simbolico. La prima fiaba interattiva che ho ideato
è stata “ Caterina e Giacomone” ovvero la storia di una mano e di un piede, per
giocare con la tonalità della nostra voce (alta e bassa) e con il corpo. Ho
avvertito subito, dal coinvolgimento e dal divertimento dei bambini alle prese
con i due buffi personaggi mano e piede, l’efficacia di questo strumento operativo.
Era il 2003, da allora ho ideato e raccontato tantissime fiabe interattive a
centinaia di bambini, ognuna con dei precisi obiettivi didattici [...]
Questa tipologia di fiaba è stata una scoperta così entusiasmante che è
diventata uno degli strumenti operativi basilari del Metodo e molte fiabe sono
state pubblicate nei miei libri “Io racconto..tu ascolti..insieme giochiamo!” e
“Ancora racconto..” Dal 2012 il Dipartimento dei Servizi Educativi di Roma
Capitale mi ha affidato su questo tema un corso di formazione per educatrici ed
insegnanti che ho nominato: Fiaba interattiva: narrazione, gioco, teatro. E’ una tematica che mi appassiona molto perché
mi permette di creare percorsi espressivi aperti alla contaminazione [...] La fiaba
interattiva è uno strumento pedagogico e creativo in cui credo fortemente.
La pratica teatrale
così intesa quanto può aiutare lo sviluppo della creatività dei piccoli?
Fare teatro con l’obiettivo di
lasciare libertà espressiva al bambino è una palestra per sviluppare creatività
e fantasia. Oggi il rischio che si corre è proprio quello di soffocare lo
stupore, di saturare il bambino con stimoli eccessivi e superflui. I bambini
vengono letteralmente bombardati da immagini, informazioni, input..si crede di
far bene, si tende a “fare di più per far crescere meglio” i bambini. Ma non è
così. Non necessariamente “tanto” equivale a “meglio”. Un laboratorio teatrale,
condotto in modo giocoso e informale, incentrato sulla ricchezza del percorso e
non sul prodotto finale, permette al bambino di cercare e trovare soluzioni e
forme creative per esprimersi. [...]
E la creatività, non dimentichiamolo, è una risorsa fondamentale per ogni
individuo. Una persona creativa saprà affrontare le sfide della vita con
maggiore flessibilità trovando, inventando, adattando strumenti e soluzioni. Un
bambino creativo sarà un adulto più autonomo e sereno.
Un’ultima domanda:
quanto si diverte a “vivere” i mondi di queste piccole creature? Quanto ha
imparato da loro?
Amo il mio lavoro, lo trovo meravigliosamente faticoso, e mi
diverto. Il segreto, per me, è mettermi in gioco insieme a loro, lasciarmi
trasportare dalla narrazione, dalla magia della storia che stiamo
raccontando..permettermi di giocare pur consapevole del mio ruolo educativo.
Insegnare e condurre non significa essere seriosi, rigidi, anzi! [...] Devo dire che nei miei
percorsi con i bambini mi diverto davvero molto e che ogni giorno è una grande
scoperta, soprattutto per me. Da alcuni anni ho iniziato a portare Teatro in
Gioco anche nel nido e così mi confronto quotidianamente con bambini dai 2 ai
10 anni . E’ una palestra di vita! Ogni giorno imparo qualcosa da loro.[...] … forse ciò che più ho imparato lavorando con i bambini è
l’importanza di mantenermi in contatto con lo stupore. Credo sia il segreto per
fare questo lavoro con passione e determinazione, per cercare sempre stimoli nuovi,
per progettare e costruire.. forse è il segreto per non diventare adulti troppo
seri, stanchi e annoiati e per mantenere invece uno sguardo che brilla e che si
muove curioso. Come quello dei bambini.
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