"In classe facciamo il teatro".
"Noi recitiamo tutte le settimane". E' da diversi anni che, sempre di più, il linguaggio teatrale entra nelle scuole.
Quasi tutti i bambini -dalla scuola dell'infanzia alla scuola primaria, e ultimamente anche dell'asilo nido - in un modo o nell'altro si confrontano con il "fare teatro".
In un modo o nell'altro.
E questo è l'aspetto che mi interessa analizzare.
Si può fare teatro con i bambini in modi molto diversi: contenuti, percorsi operativi, obiettivi didattici variano sensibilmente in base all'approccio o al Metodo di riferimento. O, spesso, all'assoluta mancanza di obiettivi o di un metodo di riferimento! Terra di tutti e di nessuno, il laboratorio teatrale è uno spazio in cui, ad oggi, chi vuole può sperimentarsi "conduttore": l'operatore teatrale, l'insegnante di classe, i volenterosi inesperti ma appassionati, gli esperti svogliati e senza passione..le associazioni che lo fanno soprattutto per business, le associazioni che lo fanno soprattutto perchè ci credono.. Come in tanti settori c'è un pò di tutto, anche qui. E, insieme a questo minestrone di ruoli e tecniche, di proposte espressive strutturate o meno, ci sono anche ( soprattutto!) i bambini: su di loro "ricadono" gli effetti del laboratorio teatrale. L'adulto costruisce e realizza il percorso teatrale per loro..o almeno così dovrebbe essere. Il bambino al centro delle scelte educative, delle proposte operative, del programma da svolgere e da sviluppare in un laboratorio teatrale. Questo a patto che si consideri il teatro come uno strumento pedagogico, da utilizzare a scuola per "liberare" la creatività e non per soffocarla, per educare e non per indottrinare.
Ecco che contenuti, metodologia ed obiettivi didattici che vengono accolti, scelti e promossi dall'adulto (operatore teatrale o insegnante) fanno la differenza in modo sostanziale.
"Se non fai lo spettacolo finale non è un vero corso di teatro" "A noi piace utilizzare il teatro per far giocare i bambini..a fine anno facciamo una festa con i genitori ma non è uno spettacolo". Le voci, molto diverse, di due insegnanti di scuola dell'infanzia.
E ancora: "Per noi lo spettacolo finale deve essere soprattutto un momento divertente per i bambini: è il loro modo per esprimersi, se dimenticano qualche battuta non è importante, non c'è un voto da mettere" "La bambina più brava deve fare la parte più lunga..e la bambina più carina farà la principessa..pensi quanto sarà bella tutta truccata! I bambini troppo timidi fanno da contorno altrimenti rovinano tutto lo spettacolo.". Anche in questo caso due pareri che riflettono due punti di vista molto distanti fra loro; questa volta a parlare erano insegnanti della scuola primaria. Ascolto e raccolgo da anni questi commenti, diventano per me un grande terreno di riflessione e ricerca le verbalizzazioni e le posizioni delle insegnanti relative al significato da attribuire al "fare teatro a scuola". Forse per addentrarci in questo vasto e sfaccettato argomento può essere interessante provare ad indagare brevemente il rapporto scuola -teatro: quando e come il teatro trova ufficialmente posto nella didattica? Quando fare teatro diviene una prassi educativa? Immaginate la scena: una sala affollata, genitori e parenti ansiosi di guardare i bambini esibirsi; scenografia e costumi perfetti..tutto pronto per la grande recita finale! Siamo in un collegio dei gesuiti intorno al 1600: è in questo contesto che si comincia a fare teatro a scuola, e questo "fare teatro" coincide con "prepare lo spettacolo finale"!!! E' comunque un inizio! Il teatro diventa parte dell'attività didattica: si recita, si costruiscono i personaggi, si crea lo spettacolo. Non è il mio modo di vivere e vedere il teatro a scuola...ma siamo pur nel 1600 ! Non c'era ancora stata la "grande rivoluzione teatrale": l'esigenza dell'attore di allenarsi, di esprimersi creativamente, di vivere ogni aspetto del fare teatro (corpo, emozioni, sensi, voce..) Non c'era stato Stanislavskij per capirci, e tutte le ricerche di pedagogia teatrale a partire da lui. E poi? Cosa è successo dal collegio dei gesuiti a oggi? Segnali di rinnovamento ed apertura ce ne sono stati: considerare il teatro come strumento educativo, vivere il teatro come esperienza espressiva e non puramente come lo spazio dell'esibizione. Il primo a riflettere profondamente su questo fu il filosofo Walter Benjamin che nel 1929 scrisse il "Programma per un teatro proletario di bambini" partendo dall'esperienza dei laboratori condotti dall'attrice Asja Lacis con i bambini orfani di guerra: a lei non interessava realizzare lo spettacolo finale ma sperimentare un percorso educativo che permettesse ai bambini di esprimere la loro creatività. Siamo solo intorno al 1920.. da allora ad oggi di esperienze, percorsi, proposte ce ne sono state diverse. Non starò qui ad elencarle ma possiamo ipotizzare di muoverci fra questi due opposti: la sala affollata per la recita finale nel collegio dei gesuiti e i laboratori didattici e formativi di Asja Lacis. Possiamo fare del teatro uno strumento privilegiato per permettere ai bambini di sperimentare e sperimentarsi, un linguaggio espressivo multiforme, un'esperienza giocosa e svincolata dal giudizio finale. O possiamo fare del teatro uno strumento per lavorare esclusivamente alla realizzazione di uno spettacolo, scegliendo un copione, assegnando i ruoli, impostando prove su prove. O ancora, possiamo fare del teatro strumento flessibile che si modella in base alle esigenze e all'età dei bambini e, partendo da queste, diviene mezzo per: esplorare senza ricercare necessariamente un prodotto finale, oppure prevede uno spettacolo finale ma concepito come conclusione espressiva, giocosa e creativa di un intero percorso, ben più ricco e stimolante. Quindi teatro come "esperienza pedagogica" o come " esibizione finale"? A noi la scelta. Ma una scelta va fatta. Troppo superficiale dire "noi facciamo teatro" senza prendere una posizione, ignorando strade, percorsi, possibilità, rischi, limiti, obiettivi del percorso operativo che mettiamo in atto con i bambini. Almeno proviamo ad essere consapevoli del significato e del valore educativo che attribuiamo alla definizione e alla prassi del "fare teatro a scuola". Partiamo almeno da qui. Da una scelta consapevole.
Nessun commento:
Posta un commento