Si può fare teatro formando un unico mega gruppo di bambini dai 3 ai 10 anni? Io credo proprio di no! O meglio: dipende dall'obiettivo didattico. Se intendiamo utilizzare il linguaggio teatrale come risorsa per permettere ai bambini di scoprire, sperimentare, acquisire nuove consapevolezze è necessario formare gruppi omogenei per creare percorsi espressivi con obiettivi chiari, definiti in base alle esigenze dei bambini. Se intendiamo "fare teatro" per creare uno spazio di intrattenimento tipo "parco giochi" e proporre attività senza starci a chiedere troppo il senso di quello che facciamo, allora vada per l'età mista!
Nel corso per operatori teatrali per bambini, ci siamo molto soffermati sulla differenza sostanziale che c'è fra un percorso concepito per bambini dai 3 ai 6 anni ed un percorso per bambini 7-10 anni. La struttura degli incontri è apparentemente molto simile. E la struttura dell'incontro per me è molto importante. Quando ho iniziato ad ideare il Metodo Teatro in Gioco il primo punto su cui ho sentito l'esigenza di lavorare a fondo è stato l'impianto strutturale di ogni incontro, da definire chiaramente, per restituire identità al progetto, per lavorare su elementi rituali che rafforzano questa stessa identità, per creare un percorso didattico sempre bilanciato ed equilibrato nelle sue attività. E quindi la "struttura" dell'incontro è simile nei due percorsi teatrali (scuola dell'infanzia - scuola primaria) ma sono sensibilmente diversi i contenuti (le attività proposte ai bambini) ed è profondamente diverso il linguaggio utilizzato. La modalità di comunicazione messa in atto per "condurre" gli incontri è completamente diversa poichè completamente diverse sono le esigenze, le capacità cognitive, la capacità di ascolto ed attenzione dei bambini. Con i bambini della scuola primaria fare teatro è un'avventura dinamica e coinvolgente da "giocare" insieme: operatore teatrale e bambini condividono un percorso espressivo fatto di scambio, crescita, confronto, a volte caratterizzato dalla verbalizzazione delle esperienze. Con i bambini più piccoli creare questa dimensione di confronto dialogico o verbalizzazione toglierebbe magia e sapore fantastico al nostro percorso. Con i piccoli fare teatro è creare una dimensione narrativa in cui giocare, scoprire, sperimentare ma senza spiegare cosa stiamo facendo! Ecco di nuovo il nostro principio portante: nulla si spiega e tutto si fa! I bambini hanno bisogno di appassionarsi e di sentirsi direttamente coinvolti nel processo creativo.
Un esempio che può chiarire questa diversità di linguaggio:
Con i bambini della scuola dell'infanzia non "spiego" il gioco del teatro ma lo introduco direttamente con la borsa delle storie e con la creazione di un'atmosfera fantastica. I bambini si ritrovano direttamente immersi in questa dimensione narrativa in cui giocare ed interagire.
Con i bambini della scuola primaria la borsa delle storie diventa la mia "valigetta Teatro in Gioco", una sorta di cassetta degli attrezzi creativi, da cui escono gli elementi fondamentali del gioco del teatro che vengono introdotti, spiegati e raccontati insieme ai bambini.
I contenuti in questo caso sono gli stessi: introduzione del gioco del teatro. Il linguaggio è profondamente diverso perchè modellato in base all'età dei bambini.
Ho il sentore che spesso non si ragioni abbastanza sull'età dei bambini per creare un percorso didattico strutturato ad hoc. Si fa un "pò di tutto per tutti"..il che non stona in questa nostra società di tuttologi. Prendiamo ad esempio la proposta di drammatizzazione di un personaggio o di una scena teatrale: con i bambini più grandi (scuola primaria) interpretare il personaggio di una storia appena raccontata (o letta) diventa un'opportunità per giocare in modo costruttivo. Il bambino si diverte a creare il personaggio perchè coglie il senso espressivo di quello che fa: elabora, trasforma, interpreta, crea. Con i bambini più piccoli interpretare il personaggio di una storia appena letta non ha lo stesso significato: un bambino di 3 o 4 anni non ha ancora gli strumenti per elaborare l'intero percorso di analisi-sintesi-creazione. Per lui significherebbe solo sforzarsi di ripetere qualche parola o battuta spesso suggerita dall'operatore, tipo: "cosa diceva la pricipessa nella storia? Diceva così.." e il bambino ripete. A cosa serve tutto ciò? Non credo a molto dal punto di vista espressivo e creativo e forse a volte può provocare un senso di disagio nel bambino, proprio perchè si percepisce "inadeguato" rispetto alla proposta. Eppure non è lui ad essere inadeguato bensì la nostra richiesta, che non tiene conto delle potenzialità cognitive di un bambino di quell'età. E così, per un nostro errore di superficialità o di ignoranza (perchè ignoriamo l'aspetto pedagogico della nostra proposta didattica) ci rimette il bambino. Eppure ci sono altri modi per "drammatizzare" una storia adatti ai bambini più piccoli ma esulano dalla "classica" recitazione. Purtroppo si confonde ancora "fare teatro" con recitare. Esprimersi con "fare la recita". Si sostituisce spesso "proporre un percorso creativo" con "dire come si fa " . Si confonde ancora "tirar fuori" con "inculcare". Torno quindi a dire che la questione sostanziale è nel "linguaggio" da applicare a specifici contenuti.
Sapere cosa fare e trovare la modalità più adeguata per farlo. Solo così porteremo davvero il linguaggio teatrale a scuola, consapevoli della valenza, della ricchezza di un percorso educativo e creativo da mettere al servizio dei bambini, come strumento di espressione e di apprendimento.
Helga Dentale - Metodo Teatro in Gioco
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